Emily Dickinson appartiene al primo post dedicato al lato nascosto della letteratura.
Mesi fa vagavo in una libreria nella mia città. Sfioravo con le dita volumi grandi, piccoli, scuri, colorati. Ero in cerca di qualcosa che mi rapisse, qualcosa che mi facesse respirare aria fresca. E poi trovai lei. Era su un piccolo scaffale dedicato alla poesia. Ricordo che lo presi solo perché era tra quelli scontati. Niente nella sua copertina e nel suo titolo mi trasmetteva la primavera, ma io lo comprai, per istinto, per un bisogno di uscire da quella libreria con un nuovo libro tra le mani.
Cominciai a leggerlo immediatamente, senza troppe aspettative. Tuttavia, il nome Dickinson cominciò a camminare piano piano nella mia mente, facendosi strada tra pensieri disordinati, trasformando foglie d'autunno in fiori di primavera.
La prima poesia che lessi fu la seguente:
I never hear the word «escape» Non sento mai la parola «fuga»
Without a quicker blood, senza un colpo al cuore.
A sudden expectation Un'improvvisa attesa -
A flying attitude! un impulso al volo.
I never hear of prison broad Non sento di prigioni smisurate
By soldiers battered down, abbattute da soldati, senza scuotere
But I tug childish at my bars le sbarre della mia - come un bambino-
Only to fail again! per fallire una volta ancora.
1859
Sui libri di scuola si studia la Dickinson come una giovane donna vestita di bianco, rinchiusa nella sua casa, simile ad un fantasma, ad una figura eccentrica, forse in cerca di attenzioni. Sebbene visse una gran parte della sua vita in isolamento, questa visione mi ha sempre rattristato. Per me, sin dalla prima poesia, è sempre stata una violetta - uno dei fiori da lei prediletto. Una ragazza segnata da lutti («Prima di chiudersi la mia vita si è chiusa due volte... La separazione è tutto ciò che sappiamo del Cielo, e tutto quanto ci occorre dell'Inferno.»), dolori, amori proibiti, che preferiva la compagnia di pochi alla folla, dalle capacità artistiche conosciute da pochi («...benché nessuno conosca il mio talento ch'io qui descrivo - con tanta facilità - e nessun cartellone mi faccia propaganda qui c'è un pienone come all'Opera.»). Dalle sue poesie scopriamo la sua personalità, le sue passioni, le sue paure («Ho vissuto di paure. Per coloro che conoscono l'invito offerto dal pericolo - ogni altro stimolo è indifferente - senza vita.»), la sua incapacità di comunicare con un mondo che non vuole avere a che fare con lei («Questa è la mia lettera al mondo che non ha mai scritto a me»).
Quando penso a lei penso alla primavera e ai suoi giardini. Me li immagino giganteschi, immortali, curati con precisione e amore, con il suo profumo. Avrei voluto vederla mentre scriveva lettere agli amici accompagnandole con fiori pressati. Sono sicura che ne avesse uno adatto ad ogni persona e ad ogni occasione.
Il mio giardino - come la spiaggia -
indica che c'è - un mare -
che è l'estate -
Come queste - le perle
che porta - come me
Per me è come se Emily Dickinson volesse far provare agli altri la primavera, con i suoi colori, con il suo sole, mentre dentro di sé non aveva altro che un inverno freddo, solo. Forse a vederla assomigliava all'incarnazione della pace, con fiori e alberi da frutto, ma spesso le sue poesie trasmettono il contrario, e io lo trovo un ossimoro meraviglioso, forse una richiesta d'amore, d'aiuto. La sua è una poesia universale, eterna, dedicata a coloro che si sentono minuscoli, talvolta soli, nascosti dai «qualcuno».
Vi lascio con una delle sue poesie a me più care.
I'm Nobody! Who are you? Io sono nessuno. Tu chi sei?
Are you - Nobody - too? Nessuno pure tu?
Then there's a pair of us! Allora siamo in due, ma non dirlo -
Don't tell! they'd banish us - you know! potrebbero cacciarci, lo sai!
How dreary - to be - Somebody! Che fastidio essere qualcuno!
How public - like a Frog - Che volgarità - come una rana-
To tell your name - the livelong June - che dice il suo nome - tutto giugno
To an admiring Bog! a un pantano che sta ad ammirarla!
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