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Il lato nascosto della letteratura

Aggiornamento: 22 ott 2022

Con questo post comincia una serie dedicata al lato segreto della letteratura, o quello che è stato per secoli occultato, e che oggi possiamo finalmente vedere.

A scuola mi capitava sempre di prestare più attenzione quando si parlava di qualche nuovo scrittore donna. Forse perché mi ci rivedevo, o perché sapevo che finalmente il ruolo della donna era stato rivendicato. Peccato, però, che se ne parlasse veramente poco.
Quello che detestavo era studiare in ore apposite donne nella storia o donne nella scienza, e così via. Perché dovevamo studiarle in ore a parte? Perché non potevamo studiarle in una normale ora di scienze o letteratura?

Ritratto di Matilde, Sarah Affonso, 1932
In futuro vorrei aprire un libro scolastico e trovare capitoli interi dedicati a grandi donne, grandi scrittrici, e non solo minuscoli paragrafi che vogliono ricordare, quasi con compassione, quello che è stato creato. In futuro vorrei che fosse normale studiare storie di donne che hanno fatto la storia.

Questo post potrebbe sembrarvi quasi in contrapposizione con l'introduzione, essendo in relazione soltanto con la letteratura femminile, ma, dato che nei miei libri di scuola non se ne parlava abbastanza, proverò a farlo io qui. Condividerò con voi la letteratura, perché, dopotutto, non è fatta solo di uomini.


«Secondo me, in tutto il mondo, ancora oggi, esiste in realtà una specie di razzismo, evidente o larvato, nei riguardi delle donne: perfino nei paesi dove le donne sembrano dominatrici! […] Basterebbe la distinzione – che ancora si usa fare dovunque, – fra scrittori e scrittrici: come se le categorie culturali fossero determinate dalle categorie fisiologiche (sarebbe lo stesso che dividere gli autori, per esempio, in autori biondi e bruni, grassi e magri). In realtà, il concetto generico di scrittrici come di una categoria a parte, risente ancora della società degli harem».
Questa è una citazione di Elsa Morante, da un'intervista del 1960. Per lei nella scrittura non c'è distinzione tra uomo o donna. Un'opera non è migliore se scritta da un uomo e peggiore se scritta da una donna. La letteratura dev'essere valutata unicamente sul testo, sulla qualità della scrittura.
Questo, che ad oggi sembra normale, o così dovrebbe essere, per secoli non lo è stato. La letteratura, la storia, la scienza, sono state occultate, nascoste.
Se vi dicessi il nome George Elliot, voi a chi pensereste? Sapevate che si trattava di una donna? Il suo nome era Mary Ann Evans. Non scelse un nome maschile per divertimento: aveva paura, paura che le sue storie non venissero prese sul serio se si fosse scoperto che a scriverle era stata una donna. Ma lei non era l'unica. Le sorelle Brontë utilizzarono tutte nomi di penna maschili all'inizio del loro percorso. Charlotte scelse Currer Bell, Emily si fece chiamare Ellis Bell e Anne, invece, Acton Bell.

Un saggio da me prediletto è Una stanza tutta per sé, di Virginia Woolf. Non posso far altro che citare pagine e pagine del suo manoscritto, che riprendono in perfezione il mio pensiero.
(...) nel caso della donna non era indifferenza, ma ostilità. Il mondo a lei non diceva, come diceva a loro: «scrivete, se volete, per me non fa differenza». Il mondo diceva sghignazzando: «Scrivere? A che serve che scriviate?»
Il ruolo della donna nei secoli è cambiato notevolmente. Siamo passate da essere considerate oggetti di abbellimento estetico a essere parte integrante dello sviluppo della storia.
La scrittura, la letteratura, è sempre stato un mezzo per aprire la mente, per vedere oltre le apparenze, per capire sé stessi e il mondo. Bè, questo, però, la donna all'epoca non aveva il diritto di farlo. Non aveva il diritto di pensare per sé. È sempre stata vista in relazione a qualcun altro, all'uomo, mai da sola.
Quando leggo di una strega gettata nel fiume, di una donna posseduta dai diavoli, di una levatrice esperta di erbe, o perfino dell'esistenza della madre di qualche uomo notevole, penso che siamo sulle tracce di un romanziere perduto, di un poeta costretto al silenzio, di qualche muta e ingloriosa Jane Austen, di qualche Emily Brontë che si sarà fracassata il cervello fra le brughiere, oppure avrà vagato gemendo per le strade, resa pazza dalla tortura inflittale dal proprio talento. Infatti, sarei capace di scommettere che Anonimo, il quale scrisse tante poesie senza firmarle, spesso era una donna.
La Woolf, riflettendo sulla condizione della donna, osserva le opere di Shakespeare e immagina una ipotetica sorella del drammaturgo: Judith. La immagina dotata della stessa arte e poesia che scorre nel sangue del fratello, ma lei, al contrario della sua educazione, dell'insegnamento a lui proposto, era costretta a restare in casa.
Non era meno avventurosa, fantasiosa e desiderosa di conoscere il mondo di quanto lo fosse lui. Ma non l'avevano mandata a scuola. (...) Di tanto in tanto prendeva un libro, forse uno di suo fratello, e leggeva qualche pagina. Ma poi arrivavano i genitori e le dicevano di rammendare le calze e di non perder tempo fantasticando tra libri e carte.
Immaginatevi essere una donna secoli fa. Voler uscire di casa, voler viaggiare, voler vivere, voler scrivere. Immaginatevi cosa si prova a essere un poeta intrappolato nel corpo di una donna.
Quando scrivo racconti o poesie spesso mi fermo e realizzo quanto grata io sia a poterlo fare, a poter uscire da sola e a non dovere essere accompagnata da un uomo, quanto grata io sia per potere anche solo fantasticare, viaggiare tra l'inconscio e il conscio.

Nei prossimi post vi proporrò alcune delle mie scrittrici preferite.
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Potrebbe sembrare di parte ma non lo è:BRAVA!

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